Di sguardi, di lunghezze e di abbracci

Da Hanging Rock si discute della lunghezza degli sguardi, e di come alcuni di essi restino impressi nella memoria e diventino la misura “per sempre" di quella persona per noi, la sua immagine fotografica all’interno del nostro cuore.

(Per me, ad esempio – e lo scrivevo nei commenti – di mio marito rimane, tra le altre, l’immagine del momento in cui l’ho scelto, e il suo sguardo di allora)

Questo però è solo ciò che è scritto sul post, perché nei commenti la storia si allarga, e si parla di lunghezza dello sguardo impressa nel codice genetico o “appresa” – una sorta di imprinting – nei primi anni di vita. Poi le foto dei blogger da piccoli e quanto il loro sguardo è cambiato – o è rimasto uguale – nel tempo, rispetto a come li vediamo ora (se li vediamo, o li ricordiamo solamente).

E poi la riscoperta della ricchezza dell’essere bambini, i pensieri che nascono nel rivedere le vecchie foto e i ricordi che da esse derivano. Una maggiore consapevolezza, forse, della strada che ci ha portati ad essere quello che siamo.

A proposito di sguardi e foto da piccoli, questa è in assoluto una delle mie preferite. Mi ritrae, nel giorno del mio primo compleanno, in braccio a mio nonno Stefano.

 

primo compleanno

Nel commentare la foto, Hanging dice una cosa che mi sembra bellissima : ” Un abbandono totale, nel corpo, nello sguardo. Anche perché questo papà tiene un abbraccio veramente ergonomico (quanto deve essere bello starsene abbracciati così) (la precisione di un abbraccio –precisione da puzzle- può essere una ragione sufficiente per amare una persona).”

A parte il papà (che invece è il nonno) sono d’accordo su tutta la linea.

Ché anche gli abbracci hanno una loro misura – e intensità. Ci sono quelli che ti fanno sentire amata e coccolata, quelli rapidi che sanno di circostanza e quelli brevi, ma densi come la cioccolata d’inverno. E poi ci sono quelli che ti calzano come un guanto, a misura (it fits, dicono gli inglesi, e nell’infilare una parola dentro l’altra, c’è secondo me una magia speciale)

Ma di questo – e meglio – un’altra volta.

Per ora, andate a leggere qui (e mi raccomando, i commenti). Poi, se volete, prima di tornare passate da qui a raccogliere altri sguardi.

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5 risposte a Di sguardi, di lunghezze e di abbracci

  1. Flounder ha detto:

    riccio, tu sei la nostra memoria storica 🙂

  2. metallicafisica ha detto:

    Sorellona, questo argomento mi tocca in maniera particolare e sullo “sguardo” particolare di chi fotografa se ne è parlato e scritto a bizzeffe ma uno sguardo che non si dimentica è uno sguardo che ti graffia l’anima. Volevo scrifere ferisce ma poi sembra negativo, il termine… Graffia = lascia un segno.
    E può essere anche un’occhiata fugace… poi per mail ti mando una cosa su uno sguardo che mi ha coplita tempo fa:)
    Baci***

  3. riccionascosto ha detto:

    Flo’, chi non sa scrivere, almeno segnala 🙂

    Sorellona, capisco quello che vuoi dire, col graffiare (e aspetto la mail)

  4. MariaStrofa ha detto:

    Hanging è molto molto brava, ho già commentato. Ma bel post anche il tuo. E poi saluto flounder e sabrina (e gli altri che leggeranno)

    ciao 🙂

  5. riccionascosto ha detto:

    MariaStrofa, io ti ringrazio, ma questo più che un post, è uno di quelli che CalMa chiama “esercizi di link”.
    Un post-it, insomma, per appuntare a me e segnalare ad altri le cose che mi hanno colpito, e i pensieri che ne derivano, rimandandoli – e questo è il valore aggiunto – a dove sta il “succo”, se gli fosse sfuggito.

    Ciao a te (e grazie di aver lasciato traccia del tuo passaggio) 🙂

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