Io c’ero, sì, quel 14 aprile 2003.
Ci sono arrivata per caso, leggevo un articolo (neanche lo sapevo, che si chiamava post) a proposito di un settimanale maschile, e nei commenti all’articolo c’era un tipo, uno che era troppo misogino e indisponente e tronfio per essere preso sul serio, eppure c’era gente che gli rispondeva seriamente, e ci si arrabbiava pure (anche quello, non sapevo si definisse troll).
Ma era anche qualcosa in più.
Per quello seguii il link che, a un certo punto, trovai nella sua firma.
E giunsi su Herzog.
Io c’ero, e fui la prima a cui Pestalozzi conservò i friarielli con le alici, lì nel forno dell’ufficio. (Cosa ci facesse un forno, in quell’ufficio, non è dato saperlo).
Io c’ero quando Herzog era lettere su lettere, e le buste si accumulavano sulle scrivanie, quando si preparavano le feste e alla fine c’era sempre qualcuno che, bontà sua, si fermava a pulire e portava via i sacchi della spazzatura.
C’ero quando l’ufficio svolgeva la sua funzione, e Pestalozzi curava la Posta del Cuore e Georgia dipingeva le pareti e lo staff proclamava lo sciopero per la tisana della Nonna.
C’ero quando Alessiaonline diventò il Confuso, quando i Pinocchi si rincorrevano per la rete, quando su Herzog le lettere diventarono sempre più rade e corpose fino a diventare racconti, e qualcuno si perse per strada, non essendo d’accordo con il nuovo corso.
C’ero perché Herzog è stata la mia casa nella blogosfera per oltre due anni e, con il permesso di Herr Effe, la sento un po’ mia anche adesso.
Grazie ad Herzog è nata riccionascosto, i miei primi post sono stati scritti lì (perfino un decalogo sui motivi per non aprire un blog, che ora è il primo post del trispito).
E quindi oggi, che Herzog ha deciso di chiudere, non posso che esserci, da qui.
A ringraziare Herr Effe per le scritture – e non solo – che ha portato nella rete e dalla rete: le Scritture di Strada, sacripante!, Buràn si sono mossi anche oltre i confini di Herzog, anche se da lì sono “partiti”.
E se Herzog “est”, sono certa che è una trasformazione, non una fine.
cominciamo bene
è il primo post che leggo e guarda che ti trovo!!
ciao riccioletta
io mo’ dico una cosa: se Herzog chiude, noialtri che restiamo a fare?
(non vorrei mai essere un negozietto che fa fortuna speculando sulla chiusura del grande e storico negozio all’angolo)
Dido, pensa che il primo post che ho letto io è stato proprio quello… e fortuna che non stavo bevendo.
Flo’, e che restiamo a fare… quello che facevamo prima, no?
(non credo ci possa essere un negozietto che fa fortuna con quello che non ha. Qui quello che conta è la produzione propria, e quella non si può avere a spese altrui).
Ma è necessario commuoversi o si può anche fare finta di no ?
(xchè anch’io, in fin dei conti, c’ero. Un poco, ma cero. Un po’, macero)
oggi sono “realistica”: Tutto finisce”*****
Si può – si deve, anzi – fare ciò che si vuole, Lot. Io mi commuovo sempre, un po’ (ma anche no).
Sorellona, io sono convinta invece che tutto si trasforma. Finisce, magari, ma ricomincia in forma diversa. (Ma tanto si sa, tra noi due la più ottimista sono io) 😉
Decisamente Sab… tu si MOLTO più ottimista, almeno oggi e forse anche domani:)*
Faccio finta di no, allora.
😉
Bene, faccio finta anch’io, allora. (Vale anche per te, sorellona. Oggi più sorridente? 😉 )